ISTITUTO DI STUDI SUI SISTEMI REGIONALI FEDERALI E SULLE AUTONOMIE
  
”Massimo Severo Giannini”

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Se la questione della buona amministrazione è essenziale, la questione della “buona legge” lo è ancor di più. Quando la legge è indecisa, imprecisa o ancor peggio ambigua, tutti ne soffrono. Il cittadino è posto alla mercè delle più diverse interpretazioni. Nei funzionari pubblici cresce il timore di sbagliare nell’esecuzione della legge, così preferendo attendere piuttosto che incorrere nelle responsabilità derivanti da possibili errori. Sui giudici finisce per scaricarsi l’onere di trovare soluzioni tanto più contingenti, quanto più foriere di ulteriori incertezze applicative e di crescenti contenziosi. Certo, non sempre la chiarezza della legge è un obiettivo facilmente raggiungibile, ma né il dolo, né la colpa sono ammessi in questo campo così delicato per il benessere della collettività tutta.
Il vizio dell’oscurità del dettato legislativo, del resto, ha sempre più accompagnato i tanti aspetti sintomatici della più complessiva “crisi della legge” che negli ultimi decenni ha indebolito su molti fronti il principio della certezza del diritto, principio cardine dei sistemi liberaldemocratici. Ma ciò non giustifica affatto un atteggiamento di indifferenza o di passività. Anzi deve indurre a incrementare l’intensità delle azioni rivolte a rimuovere e a prevenire l’inaccettabile oscurità della legge.
Così va salutata molto positivamente la rinnovata attenzione dimostrata sul punto dalla Corte costituzionale che di recente ha rivitalizzato una linea giurisprudenziale, emersa negli anni Novanta del secolo scorso, che sembrava trascurata. Con la sentenza n. 110 del 2023, infatti, si è tornato a sanzionare la “legge oscura”, sulla base dell’art. 3 della Costituzione, allorquando il contenuto prescrittivo della disposizione si presenta come del tutto incomprensibile e razionalmente non intellegibile.
Questo orientamento è stato già richiamato in altre successive pronunce, in una delle quali, pur senza giungere ad analoghi esiti caducatoti, si è espressamente indicata una “tortuosa tecnica di produzione normativa” che purtroppo è ormai usuale quando si incontrano difficoltà nella conversione dei decreti-legge: prima della scadenza del termine di conversione di un decreto legge, in sede di conversione di un successivo decreto-legge sono riprodotte le disposizioni del primo decreto-legge e contestualmente si dispone l’abrogazione di quest’ultimo, pur confermando la validità degli atti e provvedimenti adottati durante la sua vigenza e facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici medio tempore sorti (vedi ord. n. 30/2024). Di fronte a questo labirinto quanti sono capaci di comprendere quale sia la disciplina vigente e concretamente applicabile?
La spada dell’illegittimità costituzionale, è evidente, può essere l’ultima ed estrema soluzione per rimuovere una legge intrinsecamente fallita. Occorre, allora, agire con maggiore intensità anche a monte dell’eventuale richiesta dell’intervento della Consulta, accrescendo l’attenzione del decisore politico, sia statale che regionale, nella fase della costruzione del dettato legislativo, e dunque incrementando l’efficacia del ruolo svolto dagli “istituti, procedimenti e organi pensati proprio per assicurare la buona qualità della regolazione legislativa” (così A.G. Arabia, La legge oscura. Come e perché è incostituzionale, in Osservatorio costituzionale, n. 2/2024).
E allora appare importante proprio il percorso che è stato intrapreso a tal proposito dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Lo scorso 11 marzo a Torino è stato presentato il percorso di analisi, riflessioni e proposte che sta conducendo all’aggiornamento del “Manuale di regole e suggerimenti dei testi normativi per le Regioni”, un aggiornamento che ha l’obiettivo di integrare, su più fronti di cruciale rilevanza, un testo che è stato, sin dalla sua origine, un riferimento nazionale per il buon legislatore. E molte sono le tematiche affrontate: dagli aspetti linguistici di particolare attualità, all’applicazione dei più moderni processi di digitalizzazione; dalla valutazione dell’impatto della legislazione alle modalità di impiego della comunicazione pubblica.
È dunque auspicabile che questo sforzo, in cui stanno operando studiosi ed esperti provenienti dalle istituzioni sia regionali che statali, prosegua in modo condiviso, e trovi concretizzazione nel costante accostamento delle discipline statali e regionali in tema di drafting legislativo, in modo che si dia luogo ad una comune impostazione nel progressivo rafforzamento della complessiva strumentazione – istituzionale e regolatoria – rivolta a promuovere e a garantire la “buona legislazione”.