ISTITUTO DI STUDI SUI SISTEMI REGIONALI FEDERALI E SULLE AUTONOMIE
  
”Massimo Severo Giannini”

Editoriale dott. Fabrizio Tuzi – Newsletter CNR ISSIRFA maggio 2025

Nell’attuale contesto segnato da un lato dall’attuazione dei processi di doppia transizione, digitale e ambientale, nonché da una fase avanzata di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), tornano di grande attualità i dati e le analisi del Regional Innovation Scoreboard (RIS) pubblicato dalla Commissione Europea nel giugno 2023. Questo strumento, che misura le performance dei sistemi regionali in ambito innovativo, consente di orientare la riflessione sulle disuguaglianze territoriali e sull’efficacia delle politiche pubbliche. E lo fa, tra l’altro, in un momento in cui il Paese è attraversato dal dibattito istituzionale sul regionalismo differenziato.
Il RIS 2023 ha classificato l’Italia tra i “moderate innovators”, con un indice medio nazionale di 90,3 su base 100 (valore UE). Questa media nasconde però forti divari interni: nessuna regione italiana è leader dell’innovazione, e solo tre – Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Provincia Autonoma di Trento – si sono posizionate come “forti innovatori”. Le restanti regioni si distribuiscono tra “moderati” e “emergenti”, con la Sicilia e la Sardegna in fondo alla classifica nazionale. A due anni di distanza da quella fotografia, questi dati non solo conservano il loro valore informativo, ma diventano chiave di lettura per interpretare quanto accaduto con l’implementazione territoriale delle politiche PNRR e con le richieste di maggiore autonomia da parte di alcune Regioni.
La dimensione dell’innovazione rappresenta infatti un banco di prova rilevante per valutare l’effettiva capacità di gestione autonoma di funzioni complesse, come quelle legate allo sviluppo economico, all’università, alla ricerca e alla digitalizzazione. In questa prospettiva, l’Emilia-Romagna e il Trentino-Alto Adige confermano la solidità delle loro infrastrutture scientifiche, delle reti tra pubblico e privato e di un tessuto imprenditoriale attivo nell’adozione di tecnologie. Tuttavia, regioni come Lombardia, Lazio, Marche e Veneto, pur essendo prossime alla fascia alta, mostrano che anche aree dotate di risorse importanti possono presentare criticità in termini di coordinamento e valorizzazione delle filiere locali dell’innovazione.
Nel Sud, i segnali sono più contraddittori. Se da un lato si osserva un miglioramento diffuso rispetto ai dati del 2016 – con casi emblematici come Abruzzo (+26% di crescita nell’indice RIS) e Campania (+23,3%) – dall’altro permane un deficit strutturale in termini di spesa in R&S, brevetti, digitalizzazione e competenze scientifico-tecnologiche. Queste fragilità si riflettono anche nell’attuazione del PNRR: a maggio 2025, molte Regioni del Mezzogiorno presentano un ritardo nell’avanzamento dei progetti legati alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, alle infrastrutture per la ricerca e alla valorizzazione delle competenze STEM. Il rischio, concreto, è che gli investimenti straordinari non riescano a produrre trasformazioni strutturali se non accompagnati da una politica territoriale forte e da un’azione amministrativa adeguatamente supportata.
Nel frattempo, l’Unione Europea sta già lavorando alla revisione della propria politica di coesione post-2027, con enfasi crescente sulla resilienza tecnologica e sulla transizione verde. In questo quadro, la capacità innovativa delle Regioni sarà uno dei criteri principali di accesso e impatto dei futuri finanziamenti. La valutazione dell’efficacia delle strategie regionali di specializzazione intelligente (RIS3) e dei progetti PNRR diventa un elemento chiave per impostare il ciclo successivo.
L’Italia è chiamata a una duplice sfida: da un lato consolidare i risultati raggiunti dalle regioni che guidano il cambiamento, dall’altro sostenere, con strumenti straordinari e ordinari, quelle che mostrano maggiori difficoltà. La questione non è solo economica, ma anche istituzionale: l’innovazione può essere motore di riequilibrio territoriale o, al contrario, fattore moltiplicativo delle diseguaglianze. La scelta dipenderà dalla capacità di mettere in sinergia strumenti nazionali e locali, valorizzare le eccellenze scientifiche, semplificare le procedure e incentivare la formazione delle competenze necessarie per affrontare le sfide della nuova economia.
Guardando al futuro, sarà fondamentale monitorare come le regioni italiane reagiranno all’evoluzione dei mercati dell’innovazione e alla concorrenza intra-europea. I prossimi anni saranno determinanti per capire se l’Italia saprà convertire la spinta iniziale del PNRR in una trasformazione duratura dei suoi ecosistemi territoriali dell’innovazione. Il prossimo aggiornamento del RIS offrirà un banco di prova importante.