Da una recente inchiesta de “Il Sole24ore” risulta che in materia dell’urbanistica uno dei principali fattori di rallentamento delle attività è rappresentato dall’incertezza sulle regole vigenti. Soprattutto, in relazione al rapporto tra quanto è prescritto dalla normativa nazionale e quanto è consentito dalle leggi regionali. Gli esperti del settore conoscono bene il problema, così come i tanti cittadini che, posti di fronte al ginepraio delle regole, si trovano giornalmente innanzi a dilemmi interpretativi degni di un “film giallo”. Quale sarà la norma davvero applicabile? E quali rischi si corrono se si applica una soluzione interpretativa rispetto ad un’altra?
Il quadro, allo stesso tempo desolante e preoccupante, potrebbe spingere alla soluzione più radicale: cancellare la competenza che in tema di urbanistica – ambito dal 2001 ricompreso in quello del “governo del territorio” – è stata assegnata alle Regioni sin dal testo originario della Costituzione nei limiti dei “principi fondamentali” dettati dalla legge dello Stato, e assegnarla integralmente allo Stato.
In vero, se c’è una materia da cui le autonomie regionali non possono essere integralmente escluse è proprio la gestione del rispettivo territorio, e quindi la regolazione delle attività che si traducono nell’uso, nella trasformazione e nella salvaguardia del territorio in cui si trova a vivere la relativa collettività. In Italia la disciplina nazionale risale, nei suoi aspetti ancora essenziale, ad una legge del 1942 e a un decreto ministeriale del 1968 che ha fissato gli standard urbanistici. Ma, in seguito all’entrata in funzione delle Regioni a statuto ordinario, lo Stato non ha adempiuto al compito assegnatogli dalla Costituzione: redigere una legge in cui siano indicati, in modo inequivocabile, i principi fondamentali in tema di urbanistica. Così si è dato spazio alla confusa sovrapposizione tra la normativa statale – in molti aspetti assai dettagliata e quindi ben debordante rispetto alla sola indicazione dei “principi fondamentali” – e le successive leggi adottate dalle Regioni.
Così, la Corte costituzionale è stata e continua ad essere chiamata a dirimere i tanti contenziosi sollevati per stabilire quando una disciplina statale debba effettivamente intendersi come una normativa in cui siano rintracciabili “principi fondamentali”, e quindi, in quanto tale, inderogabile da parte delle Regioni. Tra l’altro, a nulla è servito modificare la Costituzione nel 2001 allorquando si è stabilito che le leggi regionali trovano limite solo nella legislazione dello Stato che provvede alla “determinazione dei principi fondamentali”, e non più – come stabilito originariamente – nei principi “stabiliti dalle leggi dello Stato”. La Corte costituzionale, infatti, ha ammesso che i “principi fondamentali” possano sempre essere dedotti in via interpretativa da tutte le leggi statali in vigore, e quindi non siano costituiti soltanto da quelli “determinati” in modo espresso dalle leggi medesime.
Da tempo si rincorrono proposte di legge statale che mettano ordine nella disciplina dello Stato, dando attuazione al dettato costituzionale, e quindi “determinando” in modo chiaro e inequivocabile i principi fondamentali in tema di urbanistica, e, più in generale, in tema di governo del territorio. Sarebbe un passo senz’altro importante per offrire indispensabile certezza del diritto in un settore cruciale per il nostro Paese, dal punto di vista dello sviluppo economico come da quello della tutela dell’ambiente. E anche l’attuale esecutivo si è posto l’obiettivo di procedere in tal senso. Temiamo, tuttavia, che se non cambierà l’interpretazione dominante sull’ampiezza della competenza legislativa statale circa la “determinazione dei principi fondamentali”, qualunque sforzo di approvazione di una legge statale sui “principi” – per quanto meritorio – possa essere poi svuotato in radice, consentendo di desumere in via interpretativa “principi fondamentali” vincolanti la legislazione regionale anche a partire da altri atti legislativi dello Stato.
Servirebbe, allora, e più in generale, un ripensamento proprio sulla questione cruciale del rapporto tra i “principi fondamentali” individuabili nelle leggi dello Stato e l’esercizio della competenza legislativa regionale nelle materie di competenza concorrente, quale è, per l’appunto, la materia dell’urbanistica collocata nell’ambito del “governo del territorio”. Occorre, in altri termini, un ripensamento che, pur senza giungere ad una revisione costituzionale sul punto, possa consentire di affrontare questo problema nella sua interezza, riducendo quegli amplissimi spazi di indeterminatezza adesso esistenti e che, in fin dei conti, danneggiano tutti.