Nel corso di un’interessante Convegno organizzato dal Prof. Daniele Porena e che si è svolto recentemente presso l’Università di Perugia, si è affrontata la tematica delicatissima e cruciale dell’acqua, bene essenziale per la vita delle presenti e delle future collettività, e per la conservazione dell’ambiente e degli ecosistemi. Partendo dall’analisi dello “statuto costituzionale dell’acqua”, si sono affrontate, con un apprezzabile approccio multidisciplinare, le tante questioni aperte, dalle problematiche di ordine ambientale ed economico, sino alle molteplici sfaccettature collegate al regime giuridico dell’acqua.
Tra l’altro, si è analizzata la disciplina regolatoria di un settore che, sulla base della disciplina legislativa, è emerso in via ascendente come una “materia” costituzionalmente rilevante nella distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, e, in particolare, caratterizzata da un assetto di governo multilivello particolarmente frazionato e che ha sofferto, e continua soffrire, di un’evidente incompletezza e disomogeneità territoriale sul versante attuativo.
Ne è emerso, anzi, che proprio l’assetto di governo multilivello che si è venuto evolvendo nel settore idrico, può essere considerato come una sorta di epifenomeno di alcuni aspetti di rilievo problematico particolarmente presenti e diffusi nel nostro Stato regionale. Così potendosi offrire, a partire dall’analisi delle specificità del settore idrico integrato, alcune osservazioni di sistema che sono riferibili all’intero quadro nazionale della ripartizione delle competenze pubbliche tra i diversi livelli territoriali di governo.
In estrema sintesi, l’assetto di governo multilivello dei sistemi idrici integrati, dal punto di vista organizzativo e funzionale, appare molto complesso, sino al punto che, non essendo affatto facile orientarsi tra le tante istituzioni operanti e le rispettive competenze, si è anche parlato, forse impropriamente, di “caos normativo”. In ogni caso, in questo assetto ordinamentale possono riscontarsi due connotazioni per così dire permanenti: da un lato, la presenza di un strutturale collegamento, più o meno consistente e decisivo, con le istituzioni territoriali variamente chiamate ad agire e cooperare in particolar modo nelle attività di carattere amministrativo (ivi compresa la delicata fase della programmazione degli interventi); e, dall’altro lato, l’attribuzione allo Stato di un ruolo cruciale nella determinazione del complessivo indirizzo politico-legislativo, soprattutto dal punto di vista regolatorio, e quindi nell’individuazione dei molteplici punti di equilibrio da conseguire tra i tanti e diversi interessi in giuoco.
In definitiva, si tratta di un assetto di complessa interrelazione tra i livelli di governo rispettivamente coinvolti, che non è fondato sulla logica della rigida separazione delle funzioni, né nel senso della ripartizione verticale delle competenze (tra istituzioni dello stesso Ente e tra Istituzioni di enti diversi, sulla base di attribuzioni assegnate in ragione della corrispondente “materia” di competenza), né sulla ripartizione orizzontale delle competenze (di norma tra istituzioni di Enti diversi sulla base della rispettiva collocazione gerarchica). Insomma, l’assetto dei livelli di governo che interagiscono in relazione ai sistemi idrici integrati, non solo è caratterizzato dalla compresenza di istituzioni nazionali (a composizione mista), statali, regionali e locali, che devono necessariamente cooperare nella logica del coordinamento funzionale, ma ha richiesto, inevitabilmente, organi e strumenti innovativi, originali e quindi peculiari per consentire la reciproca collaborazione nella determinazione delle politiche, nella produzione della regolazione, nell’adozione degli interventi.
Emerge allora un’esigenza che può essere riscontrata anche in numerosi altri ambiti del nostro ordinamento regionale: l’esigenza di dare luogo ad un’effettiva cooperazione nel segno dell’efficienza pubblica, intesa come il corretto perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico mediante le risorse disponibili. In tal senso, quindi, occorre che l’assetto distributivo della competenza sia attentamente riconsiderato in modo che l’esercizio “a rete” delle competenze risponda davvero a questi obiettivi. Questa è una sollecitazione che non è rivolta al solo legislatore statale, ma una sfida che deve essere raccolta anche dai livelli territoriali, e in primo luogo dalle Regioni, dato che soltanto nella condivisione nazionale delle scelte strategiche può scaturire il bene comune dell’intera collettività e delle sue parti costitutive.